Lo sono diventato ieri; nel percorrere quel sofficissimo tappeto rosso prima del Finish Line, ho finalmente compreso che quella gara, quella frase – You are an IronMan!- gridata prima del mio nome, era in realtà la ciliegina sulla torta di un lungo viaggio, fisico, relazionale e soprattutto mentale.
Gennaio 2017: 80 chili, bevo 2 bicchieri di vino al giorno, di più nel weekend, non riesco a correre più di 5-6 km a piedi e a fare 2 vasche a nuoto. Non ho mai avuto una bicicletta da strada. La mountain bike è su un gancio in garage a fare la ruggine da una decina di anni.
Settembre 2018: 68 chili, non bevo alcolici da gennaio, non ho problemi a nuotare, anche se lentamente, 4 km di nuoto in acque aperte. Posso percorrere 150km in bici, o correre 30km a passo costante.
Ma forse tutto ciò non è ancora sufficiente. Davanti a me ho la regina delle distanze triathlon. Devo percorrere più strada di quella che mi sono abituato a gestire in ogni disciplina, oltretutto affrontandole tutte nella stessa giornata, una dopo l’altra.
3.8 Km di nuoto, 180 Km di bici, 42 Km di corsa.
Arrivo a Cervia il venerdì, l’energia nella zona gara IronMan è palpabile.
Sono tornato il giorno prima da Istanbul, dove ero per lavoro… non ho pensato tantissimo alla gara nei giorni precedenti, impegnato a gestire incontri di lavoro e relazioni in lingue diverse dalla mia… quando mi metto in fila per il pacco gara e il ragazzo mi aiuta ad indossare il braccialetto rosso ufficiale, realizzo davvero quello che sta succedendo: è come una botta in testa, l’emozione mi fa venire un groppo in gola e le lacrime agli occhi.
Il briefing è chiaro, ma mi preoccupano tutte le regole e le particolarità dei percorsi da tenere presenti… molti dati e parecchie incognite per me.
Subito dopo vado sulla spiaggia a vedere il percorso del nuoto, che ovviamente non riesco a comprendere. Con l’aiuto di alcuni gentilissimi atleti inglesi, riesco a farmi un’idea del percorso, che mi preoccupa non poco. Oltretutto sembra ci siano parecchie meduse e la temperatura dell’acqua sia troppo calda per consentire l’uso della muta. Brutta storia.
Il pomeriggio del venerdì passa tra check-in della bici, preparazione delle sacche per la transizione, e mal di pancia da ansia da prestazione… stessa sensazione che avevo prima di un esame all’università…
Vado a letto non prestissimo, ma dormo inaspettatamente bene per 5-6 ore.
Colazione molto presto, in spalla gli ultimi oggetti da portare, e sono già alla partenza.
Piccola buona notizia: i giudici si sono messi una mano sulla coscienza e, considerando il numero limitato di ambulanze a disposizione 😅, hanno deciso di rendere la muta facoltativa per gli amatori, mente per i pro sarà vietata.
La folla di atleti e supporter è enorme, la musica è alta, con gli Ac/Dc che danno la carica… inizia il “rolling start”… impressionante: il logo IronMan diventa un semaforo che da rosso diventa verde ogni 5 secondi, facendo partire 6 atleti ad ogni go.
Io mi sono posizionato nella gabbia de nuoto da 1h20’ a 1h30’, sperando di riuscire a rimanere in quella finestra, visto che le mie performance sui 3.8 km fino ad ora sono state a cavallo del limite superiore.
In in batter di ciglia arriva il mio start. Parto camminando, a Cervia l’acqua è poco profonda per molte decine di metri andando verso il largo. Finalmente si nuota! Mi sento leggero, i movimenti escono fluidi dai miei arti protetti dalla muta. Ma la bagarre è violenta. Di solito cerco di defilarmi dal gruppo per nuotare in solitaria, ma qui è impossibile. Troppi atleti ai lati, davanti e dietro di me.
Mi faccio strada comunque, a volte forzando. Mi rendo conto che sto andando un po’ più veloce di quelli intorno a me e così recupero qualche posizione. La prima parte del nuoto, 2.2km, finisce velocemente. Si esce, così si dice, all’australiana, ossia si va fuori e si rientra in acqua per la seconda parte del nuoto.
E qui, prima di arrivare al giro di boa per la parte finale, accade l’impossibile: l’acqua inizia a diventare piena di bollicine e cominciamo a nuotare in un enorme branco di meduse… sono dappertutto, le più grosse sotto di noi e le piccole intono a noi… è una situazione surreale, non si nuota rilassati. Una di quelle grosse, più aggressiva, devo spostarla con la mano, un’altra piccola mi sfiora il viso, meno male che ho la barba lunga e non sento quasi nulla… finalmente mi metto alle spalle anche le meduse e mi avvio alla fine… esco dal nuoto poco sotto l’ora e venti, il Garmin mi dirà poi che ho nuotato circa 4km sotto il passo 2 al 100, per me un tempo da fantascienza!
Percorro la lunghissima zona cambio e mi preparo per la frazione di bici.
Esco con la bici tra due ali di folla che incita tutti, che bella sensazione!
Inizio a provare a mettermi in posizione Crono, ma è difficile… anche il cuore non vuole saperne di battere lento nei primi chilometri, ci vorranno diversi minuti per trovare la Zona 2 di battito in cui devo rimanere per tutta la gara.
Difficile non stare in scia, soprattuto all’inizio, troppi ciclisti.
Incredibile il paesaggio delle saline appena fuori Cervia, con i bellissimi fenicotteri rosa. Dopo alcuni chilometri, arriva ancora un momento surreale: saliamo direttamente in tangenziale, che è deserta… a parte le migliaia di biciclette come la mia… e in tangenziale, in una piazzola di sosta, c’è il primo punto di ristoro: acqua e sali in borracce rosse su una tangenziale senza auto e coperta di bici… mi viene da ridere.
Ma devo concentrarmi, la gara è lunga. Il caldo sta aumentando: sfiorerà i 30 gradi. Il primo giro dei 2 da 90 km fila via veloce, sono al giro di boa per iniziare il secondo, il caldo è forte, ma tengo duro e cerco di tenere una buona media, alla fine sarà circa di 28km/ora.
Dalla metà del secondo giro, noto che molti atleti paiono davvero affaticati… addirittura davanti a me vedo un atleta scendere dalla bici, lasciarla cadere e cadere egli stesso in un fosso poco profondo ai lati della strada!
Poco dopo incrocio l’ambulanza che viene a soccorrerlo.
Negli ultimi 20 chilometri supero moltissimi ciclisti davvero in difficoltà… la sensazione è che, soprattutto gli amatori stranieri, che qui costituiscono il 75% dei partecipanti, non siano arrivati preparati alla fatica che li aspetta.
Arrivo alle T2 abbastanza bene, ora mi aspetta solo, si fa per dire, la maratona…
Appena indossate le scarpe da running inizio a correre, ma capisco subito che non ho le gambe che speravo di avere… invece dei 5,30 al km che pensavo di riuscire a tenere, parto a 7!!! Capisco che sarà durissima… pian piano il passo cala ancora, fino a quando, poco prima degli ultimi 15 km incontro Claudio, con il quale ci eravamo già incrociati più volte in bici.
Anche lui è in forte crisi, decidiamo di continuare insieme, corricchiando, ma sempre più spesso camminando, e raccontandoci nel frattempo parte delle nostre rispettive vite.
Ci facciamo coraggio a vicenda, Claudio è più deluso di me per la sua maratona… ma è tempo di prepararsi per passare sotto il traguardo… lo incito e lo invito ad andare avanti e a godersi la magia del tappeto rosso… poi inizio a correre anche io per gli ultimi 200 metri… e all’improvviso… divento un eroe.
Passo tra 2 ali di folla smaniosa di darmi un cinque e capisco che ora sto volando, ma volo davvero, corro come oggi non sono mai riuscito a fare e distendo le braccia come 2 ali. La speaker urla il mio nome e passo veloce la linea del traguardo, ora sì… sono un IronMan!